Con la sentenza n. 16712 la Prima Sezione Penale della Cassazione ha annullato l'assoluzione di un Finanziere che aveva postato su Facebook un commento condito di rabbia e veleno nei confronti di un collega che aveva preso il suo posto di lavoro.
Scriveva il militare "defenestrato a causa dell'arrivo di un Collega sommamente raccomandato e leccaculo...". Questo in breve il commento incriminato e pubblicato sul famoso Social Network che ha creato due giudizi e precisamente il primo avanti al Tribunale Militare per il reato di diffamazione aggravata dal fatto di aver usato un mezzo pubblicitario (Facebook) facilmente fruibile da una moltitudine di utenti/persone, dunque potenzialmente lesivo in modo alquanto incisivo. Da ciò ne scaturiva una condanna a tre mesi di reclusione. In secondo grado tuttavia la condanna trovava riforma perché la Corte Militare d'Appello di Roma riteneva al contrario l'identificazione del Militare "raccomandato" non fruibile da più utenti, ma solo da una minima parte di iscritti a Facebook. Tra l'altro secondo la Corte sarebbe mancato un chiaro elemento identificativo, quale ad esempio un nome o un riferimento di grado o di luogo. La Cassazione, con la sentenza citata, ha ritenuto erronea la valutazione compiuta in secondo grado ed ha sottolineato come non solo la pubblicazione su Facebook abbia in realtà causato la conoscenza delle frasi offensive da parte di più utenti indistinti e indeterminabili iscritti al famoso Social Network, ma anche che le frasi usate dal militare ("collega..." e l'avverbio "attualmente") consentivano di individuare bene la persona offesa dal reato di diffamazione aggravata. Attenzione dunque a quello che si scrive sui vari Social Network che usiamo nei nostri Tablet, PC o Smartphone.
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Questo blogIn questo spazio trovate consigli ed articoli su temi di interesse e d'attualità legato ai temi trattati dall'Avv. Tummarello Archives
Gennaio 2025
Categories |