la Corte ha osservato che sia legittima invece la disposizione "può provvedere", e non "provveda", lasciando così in tal modo un margine più o meno ampio alle Autorità Prefettizie sul ritiro o meno della patente di guida a seconda della gravità del reato presupposto, quello in materia di stupefacenti nel nostro caso.
Secondo il suindicato art. 120 del C.d.S. infatti si dispone che non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali, e le persone condannate per i reati in materia di stupefacenti di cui agli artt. 73 e 75 del T.U. sugli stupefacenti.
I Giudici delle Leggi hanno invece ritenuto illegittima la parte in commento quando ricollega in via automatica il medesimo effetto, ovvero la revoca del titolo, ad una varietà di fattispecie non riconducibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna cui la norma fa riferimento può riguardare reati di diversa se non addirittura di lieve entità.
La Corte ha quindi dichiarato illegittima la parte in commento, nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” anziché “può provvedere” alla revoca della patente di guida in caso di sopravvenuta condanna del titolare per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309/1990.
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